Nella scrittura di una buona storia - o almeno di una che invita ad essere letta - ci sono sempre 3 atti:
- situazione iniziale
- crisi/lotta
- risoluzione della crisi
Ci sono mille varianti di questo schema e i passaggi sono stati chiamati in miliardi di modi diversi, il primo è proprio la dialettica Hegeliana (crisi, antitesi, sintesi).
Questi atti o fasi stanno sia nella tragedia che nella commedia e a forza di vedere film su film ci sono entrate nella testa a tutti. Se pensi alle domande che fai con il tizio o la tizia con cui esci su Tinder, quella più profonda è proprio: e tu quali sfide hai affrontato? (Se riesci a dirla con la giusta profondità di voce, senza ridere e con una mossa che ti insegnerò solo da vivo, 100% di riuscita)
La sfida (seconda fase) è quella più interessante perché pone la figura eroica (ovviamente, noi stessi) di fronte a un ostacolo da superare per cui poi si avrà un payoff, una bella scarica di dopamina.
Ecco, tutto questa roba non ha senso nella vita reale.
Le cose che accadono sono appunto cose, o come diceva Jodorowsky:
Le cose sono come sono. Soffriamo perché le avevamo immaginate diversamente
Detta ancora con Hegel, tutto ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale.
In sostanza, questa magica divisione narrativa della nostra linea temporale non c’è, se non la mettiamo noi. Però nel 2024, effettivamente quanto eroici possiamo ancora essere dopo ore e ore e ore e ore di reel, video, serie tv che ci hanno fatto vedere TUTTO quello che può succedere? Forse stai intuendo da dove viene parte di quella insoddisfazione che ti porti dietro.
CERTO MA
Tutta sta cosa che cazzo c’entra coi viaggi in bici dirai te? E c’hai pure ragione a chiederlo.
Gli ultimi 3 giorni sono stato male (come mezza Italia) e mi sono riguardato i video di me in tenda nei boschi in Norvegia, pensando a come sarà piazzarla in Islanda. E ho pensato al vento, alla pioggia, all’affogare nei fiumi e tutte quelle cose difficili e belle.
Poi ho pensato anche a me nel buio sotto le stelle, da solo, nel silenzio.
E mentre mi versavo il quarto Tachiflu ho avuto un’epifania, un momento di disvelamento.
(Tra parantesi, l’etimologia di epifania è molto bella, ti consiglio di cercarla)
Per non ricadere nella trappola di Capo Nord, del senso della mancanza di scopo, mi sono sono messo a scrivere nel taccuino perché voglio andare in Islanda.
Una cosa che ho realizzato è che cerco una sensazione che provo solo in bici e che poi mi dimentico ogni volta effettivamente com’è: la folle risata.
Quando sono sopra i mille metri e sto in mezzo al cazzo di niente andando veloce mi parte una sensazione dalle punta delle dite che mi arriva fino alla scapola come un brivido e mi metto a ridere. In quel momento mi ricordo sempre perché è così bello andare in bici e farlo così, con la tenda nelle borse.
Non c’ho bisogno di fare robe impossibili, non c’ho manco bisogno di avere delle grandi montagne da scalare o di fare 260 km al giorno: queste sono delle “seconde fasi” che mi sono messo da solo per poi assicurarmi la scarica di soddisfazione che, ineevitabilmente non arriva - come tutte le robe forzate.
Per il tuo prossimo viaggio ti consiglio di farti un quadernetto e scriverti giù le robe senza averle in testa - anche sei hai una grafia terribile come la mia