Di solito le cose che non capisci hanno due reazioni in te: le ignori o ti fanno arrabbiare.
Nella maggior parte dei casi, la seconda reazione viene fuori se quello che non capisci va a toccare un nervo scoperto o qualcosa che hai ignorato per troppo tempo.
Alla domanda come/perché viaggi in bici da solo invece avverto sempre un cortocircuito in me. È perché non capisco proprio la domanda.
In che senso?
Qualche settimana fa ho prenotato il volo per l’Islanda: 20 giorni di solitudine in cui spero solo di non vedere turisti (e infatti anche la traccia che sto facendo mi porterà un sacco di guai).
Tra le mille domande che mi sono arrivate in testa mentre stavo per pigiare sul pulsante, non una era riguardo al fatto che lo stavo per fare da solo.
Ma per fortuna quando non capisco chiedo, o osservo.
E allora mi sono chiesto di cosa ho veramente paura e cosa mi fa tirare il culo indietro su questo tipo di esperienze.
Rompere qualcosa, troppo
Anche se so che mi dovrei portare un forcellino (quel pezzo che tiene su il cambio) non lo faccio mai. E quando prendo un sasso troppo forte, penso a me senza cambi su una strada al 20% carico come un mulo. O a rompere una pedivella (il braccio del pedale). O se cadendo spacco il manubrio a metà.
Sono cose che succedono, ma che succedono molto di rado. Nel gioco delle probabilità, so che più sto sulla bici più cose potranno andare storte ma non è che posso portarmi una fiamma ossidrica no? Se succede, camminerò.
Essere investito
Devo dire che i camion svedesi sono un po’ stronzi e mentre mi inzuppavo per il settimo giorno di fila, quest’estate ho sentito di più gli spostamenti d’aria. Ogni volta che sento una macchina avvicinarsi troppo veloce, vedo sempre me che cado e la mia testa spiaccicata sotto una ruota - che si apre come un melone.
Purtroppo, ad oggi, per chi è in sella per un certo numero di ore il fatto che una macchina lo investirà non è un se ma un quando. Essendo una cosa che posso evitare fino ad un certo punto, se capita, capita.
Finire l’acqua
Per chi come noi abita in Italia, sa che basta andare in un cimitero anche nel paesino sperduto e troverà acqua. Fuori dai confini, non è così semplice. Per questo mi porto sempre il filtro dell’acqua per raccoglierla dai posti più infimi. Da poco, ho incominciato a usare uno zaino idrico, che mi permette di portare sia cibo in più che tre litri di acqua.
Pensare di non farcela
Che differenza c’è tra un viaggio e una vacanza? Lo scopo. La vacanza ha nella sua etimologia la pausa, il non-esserci di qualcosa. Si va in vacanza per staccare, per rimuoversi dalla normalità e dalla routine. Il viaggio invece ha un obiettivo, detto o implicito. In una vacanza qualcosa di pratico può andare storto, ma nel viaggio qualcosa in noi può non funzionare. Nei viaggi il fisico e la mente giocano un grande ruolo sul raggiungimento del nostro obiettivo; in bici questo è molto presente.
C’è un momento in cui capisco che sono veramente finito in bici: quando il battito medio scende a 130 bpm. Per quanto mi sforzi o reintegri o altro, non riesco a far pompare di più il cuore. È il mio corpo o la mia testa che dice stop, oggi hai finito.
Esseri umani di notte
Quando si dorme si è inermi. Questo è il motivo per cui costruiamo le case, le città, etc.
Se tra te e l’ignoto c’è solo un sottile pezzo di plastica, la paura ancestrale di essere coltə indifesə nel sonno si attiva molto velocemente. Non c’è un vero rimedio a questo a parte l’essere troppo stanchi per prestarci attenzione, o essere in un luogo in cui sai per certo che puoi piantare la tenda o in cui non c’è nessuno. Rimane, ma si affievolisce col tempo.
Per il resto non ho grandi timori, e non mi dispiace stare anche raccolto in me stesso durante i tanti giorni di solitudine. Ma ad ognuno il suo, non è che un viaggio o un’esperienza è valida o gratificante perché si è da soli per forza.
Ogni esperienza umana è tale perché è personale e cambia sia tra ognuno di noi che nel tempo, al nostro interno.